Lo sentiamo e lo viviamo quotidianamente: il “Mondo” attuale – non per tutte ma per molte Persone Altamente Sensibili (PAS) – può essere per lo più sovrastimolante e travolgente, perché far parte della percentuale di persone (secondo la Ricerca Scientifica tra il 20 e il 35% della popolazione 1) che percepisce più intensamente ogni stimolo interno ed esterno ricevuto dall’ambiente, dalle relazioni con gli altri, da pensieri, emozioni e sensazioni del proprio corpo (e talvolta anche di quello degli altri) – attraverso un sistema nervoso che funziona e reagisce in modo più attivo e suscettibile come un amplificatore sensoriale ed emotivo – può portare a pensare di avere qualcosa che non va o (spesso) di essere qualcosa che non va.
Il termine riposo deriva dal verbo riposare, radice latina di repausare, cioè re- (ripetizione o ritorno) e pausare (fermarsi, fare una pausa). Questo suggerisce l’idea di fermarsi per recuperare energia o ristoro. Non vi è un riferimento diretto all’idea di “prendere e poi lasciare qualcosa” nell’etimologia di riposo: l’accento è posto sull’azione di fermarsi o sospendere un’attività per ottenerne sollievo e quiete.
Purtroppo, la dilagante cultura generale della performance spesso ignora l’importanza del riposo come indispensabile per la salute mentale ed emotiva delle PAS. Questo può portarle a sentirsi inadeguate o sopraffatte se non riescono a mantenere gli stessi ritmi degli altri.
Le persone altamente sensibili ricevono stimoli esterni in modo più intenso rispetto alla media. Questo può portare a un sovraccarico generale, rendendo il riposo non solo importante, ma essenziale per il loro equilibrio psicofisico. La difficoltà nel dire “no” o nel gestire aspettative elevate esaspera questa condizione, causando stanchezza cronica e problemi psicologici.
Il riposo permette alle PAS di ricaricare le energie mentali ed emotive, migliorando la capacità di affrontare gli avvenimenti grandi o piccoli senza esaurirsi. Ignorare i segnali del corpo può portare a conseguenze gravi, come ansia cronica o burnout. Ci serve sviluppare personali abitudini che permettano pause regolari e momenti di quiete.
Riposare per le PAS vuol dire ad esempio necessitare di più ore di sonno rispetto alla media per recuperare completamente.
Ma può essere di grande aiuto anche pianificare dei momenti tranquilli durante la giornata per stare all’aperto, per ascoltare musica che ci piace, per leggere un libro o ascoltare un podcast, qualunque cosa che possa anche non essere un silenzio ma che ci aiuti a staccare il più possibile dal pensiero fisso del “devo fare”.
Si sa che è molto difficile fuori dal proprioambiente crearsi spazi tranquilli e armoniosi ma sarebbe fondamentale provarci per favorire il recupero sensoriale e mentale.
In una comunità umana che enfatizza la produttività continua, le PAS affrontano un eccesso di sfide:
l’empatia naturale delle PAS può portarle a dire “sì” troppo spesso, esaurendole, così come la difficoltà nel gestire ritmi frenetici aumenta i livelli nel corpo di sostanze che peggiorano la capacità stessa di rilassarsi e il sonno notturno.
Le richieste performanti ignorano l’importanza del riposo come elemento essenziale per l’equilibrio mentale-emotivo delle PAS. Questo può portarle a sentirsi inadeguate, sopraffatte, trascurate, persone che non riescono a integrarsi negli stessi ritmi degli altri, come se i ritmi degli altri fossero il meglio per tutti.
L’ipersensibilità rende il riposo in generale una componente complessa della vita delle PAS.
Adattare abitudini e ambienti alle nostre esigenze specifiche è però fondamentale per garantirci un equilibrio vitale ottimale in un mondo sempre più ricco di stimoli.
Tu che strategie hai attivato per concederti del riposo durante le tue giornate?
A cura di Giorgio Gaido, Operatore Alta Sensibilità